"Dare voce allo sport di base": l'appello lanciato giorni fa da una trentina di società sportive, sta risvegliando il dibattito sui problemi dello sport del territorio, colpito dalla crisi economica. Continua il nostro viaggio a microfono aperto per dar voce ai problemi delle società sportive. Questa settimana andiamo a Torino e a Porto Torres-Sassari.
Chiunque può aderire e inviare commenti alla pagina Facebook. Il documento è consultabile sul sito www.voceallosport.it.
Parla l'Asdc Sportidea di Torino, una delle società che hanno promosso il documento "Dare voce allo sport di base", al quale l'Uisp ha aderito.
Le famiglie hanno tagliato voci nel bilancio familiare.
“Non tanto sullo sport quanto sulla cultura – afferma Sergio Celestini, presidente dell’Asdc Sportidea di Torino - Meno iscritti ai corsi di lingue straniere, musica, informatica, arti grafiche”. Tra i 1.600 soci ben 1.100 sono pallavolisti, tennisti, nuotatori, ginnasti, danzatori. “I genitori fanno in modo che i figli continuino a praticare sport – spiega Celestini - ma per sé rinunciano. La crisi si sente soprattutto nei corsi promossi con progetti finanziati dagli enti locali che hanno completamente azzerato i contributi".
Quali sono le maggiori difficoltà?
"Sono legate all’impiantistica sportiva. Non ci sono più fondi per la manutenzione. Nella circoscrizione in cui operiamo, tre palestre hanno chiuso le porte: una provinciale e due comunali. Infiltrazioni d’acqua, ma anche la decisione di una scuola di non assegnare più alle associazioni sportive l’uso della palestra in orario extrascolastico. Pallavolo e pallacanestro, gli sport più praticati".
Che fine ha fatto l’utenza?
"Si è cercato di dirottarla su altri impianti anche se meno idonei al tipo di attività. Ma altri gruppi si sono persi. Parliamo di circa 25 persone, non moltissime, ma è comunque una perdita. Altri gruppi siamo riusciti ad unirli facendo fare a diverse squadre gli allenamenti insieme. Lo scorso anno poi per due mesi è stato chiuso il campo da tennis per mancanza di riscaldamento. Qualcuno ha aspettato, qualcuno ha voluto restituita la quota del corso di 15 lezioni. Lo ha fatto il 15% degli iscritti. Ora l’attività è ripresa ma la temperatura non è ancora adeguata".
Cosa dovrebbero fare le istituzioni per favorire lo sport sociale e per tutti?
"Ascoltare di più. Spesso gli assessori sono convinti che accontentano più pubblico se scelgono di ospitare una finale nazionale invece di far giocare 100 bambini del quartiere e prevenire così il disagio, favorire la convivenza e migliorare la salute. Spesso le istituzioni sono a favore dello sportpertutti soltanto a parole. Le azioni concrete si vedono nello sport che esce sui giornali. Il rischio è che continui a prevalere la rincorsa alla visibilità".
"C'è poi il problema dell'eccesso di burocrazia: per un presidente come me ci sono tante incombenze. Io mi occupo quasi esclusivamente di contabilità e amministrazione. Vorrei aver più tempo, invece, per incentivare i cittadini allo sport con le nostre proposte, per cercare le risorse economiche, per progettare nuove cose. L’impegno è notevole e nei giovani la cultura del volontariato non c’è più".
Quali proposte porterete alla manifestazione del 3 marzo a Roma?
"La proposta è tutta sugli impianti. Una soluzione probabilmente sarebbe quella di darli in gestione alle società sportive, ma gli investimenti per la ristrutturazione non possono essere addebitati. Invece, il comune tende a dare l’impianto in gestione così com’è, cioè in condizioni pessime".
Sardegna, “un’isola che non ha la cultura del mare. Occorre agire sulla cultura dell’acqua prima che sul portafogli”. Secondo Danilo Russo, della società sportiva Libyssonis nuoto e della Albatros (che consente a 120 ragazzi con disabilità psicofisica di fare nuoto) “le chiavi per aprire le porte allo sport in un momento di crisi come quello attuale sono rappresentate dai progetti”.
A Porto Torres, sono 600 gli atleti che scendono in vasca. Ma le difficoltà non mancano: “E’ difficile gestire la piscina, è difficile combattere il decremento delle iscrizioni. E’ una città agganciata allo stabilimento petrolchimico, ora in crisi, che ha prodotto parecchi cassaintegrati. Per queste famiglie è una scelta forzata, quella di tagliare e stringere la cinghia. Anche sullo sport, ovviamente. E’ così che purtroppo abbiamo meno bambini in vasca. Accade anche a Sassari, Tempio Pausania, Ozieri e Perfugas dove diverse strutture sportive sono gestite da società”.
Parlavi dei progetti come strategia anticrisi…
"Occorre motivare le persone alla pratica sportiva, dargli una finalità ben precisa. Questo è possibile con i progetti. Un esempio? Stiamo promuovendo lo sport sociale come strumento di prevenzione delle patologie nell’area anziani. Sta dando i suoi buoni risultati. Abbiamo un accordo non economico ad hoc con il comune di Sassari per la divulgazione di un opuscolo guida, realizzato in collaborazione con l’università di Sassari, l’Asl e i primari dei reparti di geriatria. Parliamo di 18 mila utenti stimati. Quindi, con questo progetto, sebbene abbia un target specifico, facciamo girare il concetto dello sport per tutti. E’ comunque una buona pubblicità per l’associazione, che dovrebbe incuriosire e produrre negli altri utenti la voglia di fare “un altro sport” scegliendo l’attività più congeniale".
Avete accesso ai contributi degli enti locali?
"No. I tagli a pioggia in tutti i settori ci stanno mettendo in difficoltà. L’aspetto principale della carenza di sostegno economico la si avverte nella gestione degli impianti dove l’aumento delle spese gestionali è insostenibile per un’associazione sportiva. Le strutture pubbliche fanno fatica, il Comune ti chiede di mantenere basse le quote sociali ma dovrebbe partecipare alle spese di gestione".
Quale proposta porterete all'incontro nazionale di Roma?
"Quella di far riconoscere lo sport come attività non solo fisica. Vorremmo che si potesse applicare il modello adottato in Germania, dove il nuoto è gratuito a vita per i disabili. Si deve capire che l’investimento sullo sport si traduce in risparmio nel settore della sanità. Poi, c’è la paura che vengano toccate le agevolazioni fiscali. Se il governo lo farà possiamo consegnare le chiavi degli impianti ai comuni". (di Laura Bonasera)